E’ notte fonda. Fra poco giungerà l’alba; la luce si sostituirà al buio. Sento freddo, ma resisto sufficientemente da non farmi penetrare il gelo nelle ossa, convincendomi che qualsiasi brezza gelida sento al mio interno sia solo di passaggio. Non può farmi nulla. Ho un pantaloncino e una maglietta; seduto sulle rocce in cima al Krizevac, attendo che il buio si discosti per far spazio alla luce. Sento il bisogno di calore.
Alla mia destra, ogni tanto la osservo, le butto un occhio. La mia amica, alta poco più di un tavolino, bellissima. E’ distesa, coperta da un sacco a pelo. Dorme, ma in realtà finge, perchè lungo le cinque ore della notte, non ha chiuso occhio. Il panorama, la notte, il buio, il monte. Osservo ogni cosa. Carpisco i dettagli, assorbo le sensazioni e i colori. Guardo le rocce, le persone sdraiate, i ragazzini del nord Europa parlare in un piccolo spiazzo poco distante dal mio, la cittadina che si può notare in basso. Poi arriva.
Piccoli ramoscelli luminosi giungono dal bordo dell’universo, squarciando il buio, mentre delicatamente si poggiano sulle nostre pelli. Sento i primi brividi del calore. Sveglio la mia amica. “Hei…hei, il sole sta sorgendo. Sveglia. Guarda”. I suoi occhi urlano sonno. Riesce ad alzarsi. Un onda di luce ci invade, i nostri colori vengono esaltati, il blu e il verde dei miei vestiti giungono a saturazione. Il freddo lascia gradualmente il nostro corpo; nuove sensazione si rinnovano e quelle vecchie si spengono a favore di quelle nuove. Insieme, spalla a spalla, giovani e spensierati, guardiamo il sorgere del sole.
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