Salve, Regína, Mater misericórdiae!

Una mia vicina di casa mi diede il consiglio di recitare il “Salve Regina” in macchina. E da allora la mia vita si è ulteriormente arricchita di manifestazioni scientifiche di provvidenza durante la recita dell’orazione mariana. Ve la consiglio: recitatela ogni giorno, al termine del Rosario, in macchina, durante la guida, prima di dormire, in qualsiasi momento della giornata vogliate. Ve la consiglio spassionatamente.


Salve Regina

Salve, Regína,
Mater misericórdiae,
vita, dulcédo et spes nostra, salve.
Ad te clamámus,
éxsules filii Evae.
Ad te suspirámus geméntes et flentes
in hac lacrimárum valle.
Eia ergo, advocáta nostra,
illos tuos misericórdes óculos
ad nos convérte.
Et Iesum, benedíctum fructum
ventris tui,
nobis, post hoc exsílium, osténde.
O clemens, o pia, o dulcis Virgo María!

Salve, Regina,
madre di misericordia,
vita, dolcezza e speranza nostra, salve.
A te ricorriamo,
esuli figli di Eva;
a te sospiriamo, gementi e piangenti in questa valle di lacrime.
Orsù dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi.
E mostraci, dopo questo esilio, Gesù, il frutto benedetto del tuo Seno.
O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria!

Le tre cose da sapere

Origine

Il “Salve Regina” è una delle quattro antifone mariane. L’origine dell’orazione è tradizionalmente attribuita a Ermanno il Contratto, che scrisse la preghiera durante il medioevo. Secondo la tradizione popolare, si recita e si canta in italiano o in latino.

Classificazione: 5 su 5.
Uso storico

I domenicani, l’ordine di cui fece parte san Tommaso d’Aquino, introdussero l’uso della preghiera nel 1221 quale inno da cantare immediatamente dopo la compieta. I cistercensi iniziarono ad utilizzarla nel 1251. I monaci certosini la fecero propria dal XII° secolo. Nel 1250, papa Gregorio IX diede la propria approvazione papale prescrivendone il canto a conclusione della compieta. Secondo la tradizione popolare, viene recitata al termine del rosario.

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Composizione

La preghiera risale all’XI° secolo. La tradizione attribuisce la stesura dell’antifona mariana al monaco Ermanno di Reichenau. Secondo alcune fonti, viene anche attribuita a papa Gregorio VII, a sant’Anselmo da Baggio, a san Pietro di Mezonzo, vescovo di Iria Flavia ed infine a san Bernardo durante la sua permanenza all’eremo dei Santi Jacopo e Verano alla Costa d’acqua. Si dice che a san Bernardo appartenga soltanto la composizione dell’ultimo verso “o clemens, o pia, o dulcis virgo Maria“.
Alberico delle Tre Fontane attribuisce la paternità della preghiera ad Ademaro di Monteil. La forma attuale è stata formalizzata dall’Abbazia di Cluny nel XII° secolo.

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