Guardare le campagne di Cambridge dall’areo ti fa sentire nella Terra di Mezzo

Mercoledì 24 luglio sono atterrato a Cambridge, Inghilterra del sud. Vi scrivo dall’University Centre, vicino King’s College, ove passa il fiume cam. Sono qui, seduto tra me e me, che osservo chi mi sta attorno e chi invece scorre all’esterno dell’Istituto. Che poi, essendo all’ultimo piano, da dove sono seduto, posso giusto scorgere il cielo, gli uccelli e i tetti dei palazzi. E forse pezzetti di strato urbano sulla lunga distanza.

×una settimana dopo…

Ok, sono tornato.
Vi scrivo da camera mia.
C’è un piccolo resoconto che vi porto.

×dieci giorni dopo circa…

Ok, ci sono.
Giorno dell’Assunta,
15 agosto 2019.
Tolkien e fede,
l’argomento di oggi.

(in verità è passato più di un mese, è il 23 settembre al momento in cui scrivo)

Partire in aereo ti permette di vivere la salita più vertiginosa che si possa trovare sulla terra (sferica). Forse la suddetta ‘ascesi vertiginosa’ può essere superata, nell’intensità emotiva della vertigine, dalle giostre dei parchi giochi. Ma la sensazione di verticalità data dal volo è unica. Una volta in alto puoi ammirare la terra nel suo splendore sferico, cogliendone i dettagli e ammirandone la panoramica widescreen.

Una volta partito salutai l’Italia e i suoi paesaggi da mille e una notte. Feci ‘ciao ciao’ con la manina dal posto interno del corridoio. E quando l’aereo giunse oltre la costa a nord dei Paesi Bassi, verso la Gran Bretagna, allora mi parve di scorgere un hobbit. Perchè guardare la natura ti fa venire in mente Dio, creatore universale, ma anche la Terra di Mezzo di Tolkien, creazione di una creatura che a sua volta è una creazione di Dio. Ed in effetti, le terre naturali delle campagne britanniche non possono che essere la fonte sorgente da cui Tolkien ha modellato il suo immaginario metauniversale.

C’è l’immensità della geografia di Arda. C’è la ricchezza della natura, la sensazione di immensità senza confine, di orizzonte perduto, di mondo antico pre-urbanizzazione che ti fa venire voglia di rivedere la terra com’era prima che l’uomo piazzasse mattoni e cemento ovunque, c’è il principio dell’identità territoriale tutta erba, prati, pianure e verde, suddivisa ognuna secondo il proprio ordine. Ci sono le contee. Ci sono i borghi rurali. C’è la campagna e l’albero, la foglia e la collina. Qui è dove Tolkien venne a vivere dopo aver lasciato il Sud Africa. E qui è dove potè drenare e far suoi alcuni degli scenari più belli che l’uomo possa vedere. E che poi finii per proiettare nel suo più grande manoscritto, Il Signore degli Anelli.

Quello che uno scrive riflette ciò che ha interiormente. Consapevolmente o meno, in buona o cattiva fede. Guardando le campagne dall’aereo, poi appiedato, poi dal treno Stansted-Cambridge, ho potuto ammirare a distanza ravvicinata la bellezza del territorio naturale britannico. E non ho faticato a capire quale sia stata la sorgente reale capace di dare a Tolkien l’ispirazione per creare la sua Terra di Mezzo. Il paesaggio dell’infanzia e dell’adolescenza fu primario per dare un identità definita al suo sub-mondo, dove ad avere la meglio è la natura. E quasi potevo scorgere quel buco sotto alla terra dove viveva un Hobbit.

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