Per la “Festa della Liberazione” ricordiamo i preti e i seminaristi uccisi in odio alla fede dai partigiani comunisti

Per la “Festa della Liberazione” (?) ricordiamo i preti e i seminaristi uccisi in odio alla fede dai partigiani comunisti (sopratutto in Emilia-Romagna).

Giammai si potrebbe ricordare la storia solo e soltanto da un punto di vista soggettivo e limitato o solamente per ciò che fa comodo. Sarebbe offensivo e ignorante. Bisogna invece raccontarla secondo quella che è stata – ed è – la realtà obiettiva dei fatti. Storica, scientifica, imparziale, immutabile. Bi-laterale, non uni-laterale. Che non cambia “perchè qualcuno si offende”.

Non dobbiamo cadere nella trappola di accendere la Tv, altrimenti ci rovineremmo “la festa”. Da lì non passa la storia. Televisori spenti e coscienza critica attivata.

Il 25 si ricorda la storia. Anche quella dei preti ammazzati. Di quei seminaristi e di quei sacerdoti morti in odio alla fede durante la Seconda Guerra Mondiale, uccisi da quei uomini appartenenti ai partigiani comunisti. Quella storia spesso ostacolata dai comunisti, dai sinistroidi, dai rossi, sopratutto quelli del triangolo rosso Parma-Modena-Bologna (non tutti, grazie a Dio), perchè non fa comodo ricordare certe gesta compiute da certi esponenti dell’asse rosso. Fa comodo ricordare soltanto quanto fossero eroi: non fa comodo ricordare il massacro che taluni commisero ai danni di un ragazzino di 14 anni di nome Rolando Rivi.

Tant’è che solo a Modena, certe forze di sinistra potevano ostacolare la beatificazione di questo martire, impaurite che la sua memoria potesse ledere al Supremo Potere di Sinistra che in Emilia comanda ininterrottamente dal 1948 (il Pd, prosecuzione naturale del fu partito comunista, vince ininterrottamente da 72 anni).

Ci sono delle fonti storiche che hanno saputo raccogliere e dare ai posteri quella storia perduta fatta di omicidi gratuiti in odio al cristianesimo. Fonti che hanno raccolto la storia, l’hanno raccontata, archiviata e l’hanno saputa salvare dal dimenticatoio. Sono tre i volumi particolarmente preziosi che ci aiutano a ricordare coloro che, altrimenti, verrebbero dimenticati più facilmente dalla memoria dell’uomo.


Nel 1946, due uomini si occuparono di quelle morti scomode che qualcuno non vuole ricordare. Luciano Bergonzoni e Cleto Patelli diedero alle stampe Preti nella tormenta, diffuso nel 1946, sui sacerdoti morti in odium fidei (odio alla fede). Ne contarono 25. Fu soltanto un primo volume di raccolta dati, redatto secondo le documentazioni storiche reperite.

Preti nella tormenta
Cleto Patelli
Luciano Bergonzoni
EDITRICE A.B.E.S. – BOLOGNA
1946
Nihit obstat: P. Thomas Alfonsi, O. P. Cens. eccl.
Bononiae, die XVII septembris I946

È il primo prodotto editoriale di matrice storica-biografica che riuscì a dedicare un capitolo per ogni sacerdote ucciso, raccontandone il martirio. Fu il primo a racchiudere su carta quanto accaduto durante la grande guerra, imprimendo nero su bianco le memorie di chi aveva subito il massacro. Scritto con amore per questi martiri, ne consiglio vivamente la lettura. Potete dare un’occhiata ai contenuti qui.

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La documentazione sui martiri ebbe ulteriore rilievo grazie ad un’altra analisi storica che riuscì ad allargare l’elenco degli omicidi soltanto pochi anni dopo, ampliandone le conoscenze. L’Emilia ammazza i preti di Lorenzo Bedeschi, distribuito nel 1952, rifinì ed ottimizzò la documentazione storica sui martiri e si ritrovò a contare 52 ecclesiastici uccisi durante la grande guerra. Un saggio documentato, storico e biografico, corredato da fonti.

l’Emilia ammazza i preti
Lorenzo Bedeschi
Prefazione di
Egilberto Martire
EDITRICE A.B.E.S. – BOLOGNA
1952
Seconda edizione

Il volume ebbe un tale successo di distribuzione e vendita che dopo soli 4 mesi la pubblicazione, giunse la seconda edizione con una tiratura da 10.000 copie. La biblioteca persicetana ha messo a disposizione i contenuti QUI.

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Lasciare che la progressione del tempo faccia il suo corso e attendere un’eventuale evoluzione del sapere è una buona scelta per poter redarre dati quanto più completi e attinenti alla storia, in retro-prospettiva ed aggiornati al presente. Storia dei preti uccisi dai partigiani di Roberto Beretta, pubblicato nel 2005 per il 60° anniversario dalla fine della guerra, è, ad oggi, il volume definitivo sul clericidio di matrice comunista avvenuto in Italia durante la grande guerra. Conta 129 sacerdoti uccisi.

Storia dei preti uccisi dai partigiani
Roberto Beretta
EDITORE PIEMME
Collana “Religione”
29 maggio 2005

Ad oggi, il volume più completo e aggiornato, capace di far suoi 60 anni di documentazione e di dati comprovati, dando alle stampe un’opera storica assolutamente completa, capace di ricordar tutti e di non tralasciare nessuno. Qui, il racconto storico sul martirio giunge a compimento.


  • Ecco una piccola parte dei seminaristi e dei sacerdoti uccisi durante la Seconda Guerra Mondiale.
  • #nota: La lista che presento non è completa e presenta solo una piccola parte di coloro che furono uccisi. Solamente in seno al clero ecclesiastico, si contano almeno 129 omicidi. Ho inserito il titolo ecclesiastico (“Don”, “Padre” etc…) solo laddove ne ero certo al 100%.

Emilia-Romagna

  • Rolando Rivi, seminarista di 14 anni ucciso a Monchio (frazione di Palagano, MO). Venne rapito dai partigiani e accusato di essere una spia dei fascisti a causa della vestaglia nera (la tunica da seminarista). Si rifiutò di sputare sul crocefisso, di rinnegare Cristo e di togliersi l’abito talare. Venne percosso, torturato, picchiato e ucciso. È stato proclamato beato nel 2013.
  • Domenico Gianni, Bologna, assassinato il 24 aprile 1945.
  • Carlo Terenziani, 45 anni, cappellano militare della Milizia e della Gioventù del Littorio. Subì due tentativi di sequestro. Il 29 aprile 1945 fu rapito da tre persone e caricato su un camion. Fu condotto dapprima nella sua parrocchia e accusato di essere un collaborazionista dei nazisti, poi fu legato, portato in strada ed esposto al pubblico dileggio ed infine, poche ore dopo, al calar della sera, fu fucilato vicino al muro della chiesa parrocchiale. Nel 2005, i consiglieri comunali di Scandiano hanno respinto la proposta, presentata da un loro collega del Polo per Scandiano, di posare una lapide in ricordo del sacerdote. Tra le motivazioni del rifiuto, si ricorda quella che “l’atto non deve essere considerato omicidio, ma esecuzione decretata da quelli che all’epoca erano legittimi e riconosciuti organismi giudicanti”.
  • Enrico Donati, Lorenzatico, frazione di San Giovanni in Persiceto (Bologna), ucciso il 13 maggio 1945.
  • Giuseppe Preci, Montalto di Zocca (Modena), assassinato il 24 maggio 1945.
  • Giuseppe Tarozzi, parroco di Riolo, frazione di Castelfranco Emilia (Modena). Il 25 maggio 1945 due uomini, presentatisi come membri della Polizia partigiana, lo portarono via nella notte. La salma non fu mai ritrovata.
  • Giovanni Guicciardi, Mocogno (Modena), assassinato il 10 giugno 1945.
  • Raffaele Bortolini, Dosso, frazione di Sant’Agostino, ucciso il 20 giugno 1945.
  • Giuseppe Rasori, San Martino di Casola, frazione di Monte San Pietro (Bologna), assassinato il 2 luglio 1945.
  • Luigi Lenzini, Crocette, frazione di Pavullo nel Frignano (Modena), ucciso il 21 luglio 1945.
  • Achille Filippi, Maiola, frazione di Castello di Serravalle (Bologna), assassinato il 25 luglio 1945.
  • Alfonso Reggiani, parroco di Amola del Piano, frazione di San Giovanni in Persiceto, assassinato il 5 dicembre 1945.
  • Francesco Venturelli, Fossoli, frazione di Carpi, assassinato il 16 gennaio 1946.
  • Umberto Pessina, parroco di San Martino Piccolo di Correggio (RE), ucciso il 18 giugno 1946.
  • Don Giovanni Fornasini, ucciso presso il cimitero di Casaglia di Caprara il 13 ottobre 1944.
  • Giovanni Ferruzzi, arciprete di Campanile in Selva (frazione di Lugo, RA), ucciso da partigiani comunisti il 3 aprile 1945.
  • Luigi Pelliconi, parroco di Poggiolo (frazione di Imola, BO). Assassinato il 14 aprile 1945.
  • Tiso Galletti, 46 anni, parroco di Spazzate Sassatelli (frazione di Imola), ucciso il 18 maggio 1945 da un giovane arrivato in moto e facente parte di un commando di partigiani. Il giovane, giunto in compagnia di un altro, scese dalla moto, gli chiese se era il parrocco don Galletti e, a risposta affermativa, lo ammazzò a colpi di pistola, mentre il sacerdote era seduto dinanzi la porta della canonica. Quella sera stessa vennero uccise altre tre persone della parrocchia. Don Galletti aveva manifestato contrarietà al comunismo ateo e alle vendette che avevano accompagnato la Liberazione. Dopo l’assassinio, il cadavere del sacerdote venne lasciato sulla piazza fino al giorno seguente. Un partigiano sorvegliò l’area per controllare che nessuno venisse a rendere omaggio alla salma. Ai funerali non si presentò nessuno. La banda venne presa e il capo del commando fu rinviato a giudizio. Dopo il processo, fu condannato a 16 anni di carcere (aumentati a 18 in appello), ma per effetto dell’amnistia non scontò un solo giorno di prigione.
  • Giuseppe Galassi di 55 anni, parroco di San Lorenzo (frazione di Lugo). Il 31 maggio 1945, alla fine di una funzione religiosa, fu avvicinato da due persone che lo portarono con sé. Fu ritrovato dopo alcuni giorni, in un fosso, ucciso con colpi d’arma da fuoco.
  • Teobaldo Daporto, parroco di Casalfiumanese. Fu ucciso da un contadino, suo conoscente, mosso forse dall’odio anticlericale, il 10 settembre 1945, quando si pensava che le persecuzioni e gli omicidi dei sacerdoti fossero ormai terminati. Il presbitero aveva 40 anni. Il processo non si tenne poiché il responsabile dell’assassino, una volta portato in carcere, si suicidò.
  • Don Ubaldo Marchioni, assassinato nella Chiesa di Casaglia di Caprara il 29 settembre 1944.
  • Don Dogali Busi, di Castel d’Argile (12 novembre 1912), fu pugnalato a Priboj (Croazia) il 15 giugno 1942.
  • Don Ferdinando Casagrande, ucciso a S. Martino di Caprara il 9 ottobre 1944.
  • Don Giuseppe Rasori, nato il 23 giugno 1881 a Bologna, fu raggiunto da due giovani ciclisti che lo avvicinarono per chiedergli della legna da vendere. Fu assassinato da uno di loro il 2 luglio 1946 con un colpo tra petto e gola.

Per avere maggiori informazioni, ecco alcune risorse utili.

Diceva il cardinale Giacomo Biffi (Milano, 13 giugno 1928 – Bologna, 11 luglio 2015), oggi defunto: «Nel territorio emiliano tali vittime dei comunisti che spadroneggiavano si contano a migliaia. Ed è significativo l’accanimento che si dimostrò nei confronti dei parroci con il chiaro intento di intimidire popolazioni e di scoraggiare ogni resistenza al disegno di conquista del potere da parte dei rossi. Don Giuseppe Dossetti che pure apparteneva allo stesso presbiterio bolognese di queste vittime, non sente la necessità di darne un cenno nemmeno fugace. A me invece sembra giusto che a questo punto si iscrivano i nomi degli uccisi da rossi tra il nostro clero e uccisi a guerra finita, in un tempo che ormai doveva essere di pace» (dichiarazione da La Nuova Bussola Quotidiana).

Diceva don Mini Martelli: “Né i partigiani democristiani (80.000 in Italia) né i repubblicani, né i socialisti, né i liberali hanno continuato a sparare dopo la guerra. Solo i comunisti, non tutti per fortuna, hanno abbondantemente e impunemente ucciso anche nel dopoguerra e fino al 1951”. (Don Mini Martelli in “Diario di un prete romagnolo assassinato”).

Vi ricordo, secondo alcuni autori storici, che nel cosiddetto Triangolo della Morte (o Triangolo Rosso) in Emilia, tra il settembre del 1943 e il 1949, sono stati almeno 4.500 gli omicidi commessi dai comunisti partigiani a sfondo politico (Giorgio Pisanò e Paolo Pisanò, “Il triangolo della morteLa politica della strage in Emilia durante e dopo la guerra civile, Ugo Mursia Editore).

Per la sottile e imperante dittatura della paura e del politicamente corretto, si fa poco o nulla per ricordare questi martiri e spesso l’informazione viene oscurata, taciuta, dimenticata.

Dovremmo istituire una targa commemorativa che li ricordi tutti, pubblicamente edificata ed esposta in ogni piazza dei comuni capoluoghi del maledetto “Triangolo Rosso”.

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