Il paradosso della t-shirt con il volto di Che Guevara negli ambienti gay

Il paradosso ironico

C’è un’implicita e sottile ironia nelle magliette con il volto impresso di Che Guevara che vengono esposte negli ambienti gay. Se sapessero quali posizioni aveva el Che dinanzi l’omosessualità, probabilmente quella t-shirt così popolare non verrebbe presa in considerazione: né indossata né tantomeno acquistata. Vedere una t-shirt di el Che sfoggiata da un omosessuale è come vedere il volto di Hitler su una maglietta sfoggiata da un ebreo.

Domande retoriche: le persone sanno ciò che fanno? Sanno chi sono gli idoli che adorano in prostrazione? Gli omosessuali sanno chi fosse Che Guevara? Giusto, siamo nell’era della società televisiva: se la Tv dice che Babbo Natale è il responsabile dell’omicidio Kennedy, l’italiano medio tenderà a far propria la notizia e a divulgarla in qualità di dogma. Questo meccanismo di manipolazione psicologica ha portato a credere che la terra sia piatta, che i sessi non esistono e che 2 + 2 possa fare 5, perchè anche la matematica è “ciò che ti senti”.

L’ironia della maglietta con il volto di Che Guevara nell’ambiente gay e Lgbt

Oggetto
L’ignoranza dell’anima incauta

Luogo del paradosso
Gay pride et similia

L’individuo gay si lascia facilmente manipolare dalla cosiddetta “cultura gay”, che tende ad omologare i singoli pensieri, i gusti, la facoltà di agire e i principi morali dell’omosessuale. Se una persona di orientamento gay volesse credere che la castità sia un valore, verrebbe senz’altro bannata dal pensiero unico gay, che esige l’esatto opposto. Il sub-mondo pseudo-culturale gay ingloba e omologa l’uomo, standardizzando la mente del singolo secondo i presupposti teorici della cultura omosessuale. L’uomo, indipendentemente dall’orientamento sessuale, necessità di verità e di informazione. Egli ha il diritto di essere libero, non di certo omologato ad una cultura prestabilita prodotta dall’uomo che libero non rende.

Il mondo della cultura gay crea teorie, imposta un protocollo secondo i dettami della teoria concettuale prestabilita e risucchia a sé ogni individuo che si riconosca come gay. Questo processo crea il conformismo di massa omosessuale. Gli omosessuali dovrebbero essere liberi; tuttavia, attirati, catalizzati e risucchiati nella cultura unica gay, tendono ad uniformarsi ai dettami della cultura omosessuale imperante, facendo proprio teorie, presupposti e pseudo-valori che diventano dogmi standardizzati senza possibilità di divergenza. L’effetto dell’omologazione genera massa e l’effetto massa genera ripetitività: ovunque ti giri, si finisce per vedere sempre le stesse cose.

Si finisce per scoprire, sentire e vedere migliaia di omosessuali che la pensano allo stesso modo, agiscono allo stesso modo, si orientano nei riguardi del mondo allo stesso modo e portano nella propria psiche le stesse identiche idee. Credono in un’unica cultura dogmatica e morale. Migliaia di individui assorbiti dalla cultura gay, uniformati ad essa e spediti nel mondo secondo un protocollo prestabilito. Nessuna variazione, nessuna personalizzazione, nessuna opposizione, nessuna divergenza di pensiero. Ecco quindi che, tra un gay bar e un gay pride, vedi esattamente le stesse cose. Bandiere arcobaleno, che arcobaleno non è essendo rovesciato; stessi concetti e stesse teorie per ogni singolo individuo; vestiario pressoché identico; bandiere Lgbt ovunque, tutte identiche; stesso striscione in mano a chiunque; ed infine, le chicche del secolo: maglie con il volto di Che Guevara al gay pride.

Nei gay pride e negli ambienti Lgbt è possibile vedere l’idolo maximo della sinistra, od uno dei maggiori individui idolatrati che siano mai esistiti: el Che. Solamente in versione arcobaleno: inappropriato e ridicolo. Sbandierato quale supremo esemplare di uomo e idolo del valore sociale universale, oggi è, involontariamente, idolo inconsapevole del mondo gay. Se un’esponente di sinistra dialogasse su “La Fenomenologia dello Spirito” di Hegel, direbbe che l’assoluto cui la ragione va cercando, sarebbe senz’altro Che Guevara – ironicamente parlando. Ma.. c’è un “ma”.

C’è dell’ironia nella diffusione della T-shirt con il volto di Che Guevara nel mondo gay e negli ambienti Lgbtq. Questo perché Che Guevara era tutto tranne che simpatizzante per l’individuo omosessuale. El Che era tutto fuorché pro-gay e pro-Lgbt. Nel 1960, a Cuba, nella regione orientale di Guanahacabibes, fu proprio Guevara ad istituire il primo campo di lavori forzati – altresì conosciuto come prototipo del campo di concentramento – per omosessuali, all’entrata del quale vi era il cartello con sopra scritto «Il lavoro vi renderà uomini». El Che credeva ed esternava pensieri personali totalmente avversi all’omosessualità stessa.

Il «mondo gay» (ammesso che ne esista uno che si possa definire tale) è pieno di contraddizioni. E il fatto di sbandierare il volto di Che nel contesto del mondo arcobaleno, dimostra nuovamente quanto l’uomo sia facilmente manipolabile, quanto sia facile renderlo ignorante attraverso un processo mediatico: dimostra infine quanto sia facile confondere la conoscenza di un dato per un altro. Chiunque controlli la storia passata, controlla la percezione che l’individuo ha del presente. Basta controllare l’informazione e hai in tuo potere la mente dell’individuo e con essa le sue facoltà d’agire morale.

Se oggi, chiunque, dissentendo dal pensiero comune omosessuale, viene etichettato come “omofobo” ed integrato nell’asse nemico, cosa sarebbe successo se el Che avesse esternato le sue personali idee a riguardo nel 2021? Nonostante la posizione del Che, vi sono omosessuali che sbandierano la maglietta con il suo volto al gay pride, convinti che fosse l’uomo delle libertà e della rivoluzione. Ironico, no?

“apart from being homosexual and a first-rate bore, had been very nice to us”

— Che Guevara, in uno dei suoi diari, riguardo ad un uomo che aveva conosciuto

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