L’aborto è un peccato gravissimo e come tale comporta un prima e un dopo nella vita di una persona. Nessuno di coloro che partecipano (medico, madre, padre) rimane illeso dopo il compimento dell’atto; se la coscienza ha le informazioni giuste su cosa sia l’aborto, essa urlerà fin dal profondo dell’anima, facendone percepire la gravità tremenda; e si farà sentire anche nel caso in cui mancasse un informazione adeguata, poichè la natura delle cose comunica anche dinanzi i casi più ignoranti. L’atto dell’aborto è l’apoteosi dell’ideologia satanista: uccidere ciò che è puro, sopprimere l’indifeso, privare di vita ciò che è vita. Uccidere è di per sé un peccato grave; uccidere un bambino indifeso non ancora nato è la summa della crudeltà umana.
L’aborto sancisce la fine di una condizione e l’inizio di un’altra; la condizione esistenziale di chi ha abortito, la madre, termina nel momento in cui viene soppresso il figlio. L’atto pre-aborto vede la madre con le dovute condizioni di salute psichica e morali che la contraddistinguevano fino a quel momento; l’atto post-aborto vede la madre finire succube di una spirale distruttiva, con gravi disturbi psichici e disagi interiori che possono protrarsi fino all’atto del trapasso, condizionando l’esistenza della donna in uno stato perpetuo di sofferenza, malessere, dolore, rancore.
L’uccisione del figlio, la cui madre ne percepisce la verità certa come il chiarore del cielo e l’azzurro delle acque, si ramifica nelle sue interiora: è un atto, che diventa ricordo, che si incastra tra le profondità della mente, come un parassita ospite che si dispone nel tuo cuore e che gradualmente ti mastica l’anima. Le conseguenze dell’aborto prevedono tutta una serie di danni mentali particolarmente gravi che fanno della donna oggetto di martirio.
Risulta illuminante il lavoro di ricerca divulgato nell’opuscolo 50 domande e risposte sul post-aborto, della dott.ssa Cinzia Baccaglini, che permette di avere una panoramica clinica su cosa accada dopo un aborto. Vengono denudati alcuni dei sintomi post-aborto, che sono: «aborto ritenuto, endometrite, perforazione uterina e lacerazioni, emorragia, lacerazioni e lesioni del collo dell’utero, rottura dell’utero, coagulazione intravascolare disseminata (DIC), disturbi gastro-intestinali, convulsioni, ipernatriemia (legata ad alcune metodiche), malattia infiammatoria pelvica (Pid), embolia, reazioni all’anestesia, morte». 1

Riguardo le conseguenze psichiche sulla donna, vengono sottolineati tre quadri clinici: «Psicosi post-aborto: quadro di scollamento dalla realtà di natura psichiatrica che si sviluppa immediatamente dopo l’aborto e può durare oltre i 6 mesi.»; «Disturbo da stress post-aborto (PTSD): si sviluppa a partire dai 3 ai 6 mesi dopo l’aborto e presenta i sintomi tipici dei reduci del Vietnam: risvegli notturni, incubi, tachicardia, aumento dell’ansia, allucinazioni olfattive, uditive, visive, pensieri e immagini intrusive (flashback), irritabilità o scoppi di collera, difficoltà a concentrarsi, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme, somatizzazioni.»; e ancora «Sindrome post aborto (PAS): può insorgere sia subito dopo l’evento aborto ma anche a distanza di anni, persino decenni, con incapacità di provare emozioni, distacco dagli affetti, disturbi della comunicazione, disturbi del pensiero, disturbi dell’alimentazione, disturbi della sfera sessuale, disturbi neurovegetativi, disturbi fobici, disturbi d’ansia, depressione, pensieri suicidari, tentativi di suicidio, disturbi del sonno, inizio o aumento di sostanze stupefacenti, alcol o psicofarmaci.» 2.
Riguardo i sintomi della sindrome post-aborto, viene riportata la descrizione della PAS di Vincent Rue: «L’esposizione o la diretta partecipazione, al di là delle usuali esperienze umane, a una morte intenzionalmente provocata e percepita come traumatica; La rivisitazione incontrollata e negativa dell’evento di morte rappresentato dall’aborto, per esempio attraverso ricordi improvvisi, incubi, dolore intenso e reazioni nel giorno dell’anniversario; Il sussistere di tentativi vani, intesi a evitare o addirittura negare i propri ricordi e il dolore emotivo provato, con una ridotta capacità di reazione nei confronti degli altri e del proprio ambiente.» 3.
Della possibilità di ricovero dopo l’aborto, la dott.ssa riporta: «Alcuni studi però indicano che nei primi 90 giorni dopo l’aborto le donne che hanno abortito hanno una probabilità 4 volte maggiore di essere ricoverate rispetto alle donne che non lo hanno fatto (Ostbye, 2001) e in uno studio di Reardon (2003) la percentuale rimaneva molto più alta, a seconda del tempo passato» 4.
- “50 domande e risposte sul post-aborto”, di Generazione Voglio Vivere, con la dott.ssa Cinzia Baccaglini, risposta alla domanda n. 6.
- op. cit. risposta alla domanda n. 8.
- op. cit., risposta alla domanda n. 12.
- op. cit., risposta alla domanda n. 15.
L’opuscolo, tra le fonti più immense, veritiere e attendibili che vi siano, prosegue, collezionando 50 domanda e risposte con precisione e rigore scientifico. Se ne consiglia spassionatamente l’acquisto e la lettura.
L’aborto va conosciuto per quello che è in natura e non per quello che si crede che sia. L’ideologia propagandista, di ispirazione sinistroide e sessantottina, si è sostituita alla scienza, causando un danno inestimabile nella percezione del dato reale. L’inganno è aver sostituito “uccisione del bambino” con “interruzione di gravidanza”, “bambino in via di sviluppo” con “cellule”, mistificando il reale, invertendo il bene con il male e occultando le conseguenze psichiche e morali di un atto immorale. Soltanto a posteriori, la donna si ritrova a dover affrontare le conseguenze che scaturiscono dall’uccisione del figlio, ritrovandosi da sola dinanzi l’oblio, isolata nel limbo, sperduta nelle tenebre. Come prendere un fiore e convincerlo a buttarsi nel fango, ingannandolo che lì, tra le melme della sporcizia, troverà il suo paradiso naturale.
È di fondamentale importanza fare divulgazione scientifica, poichè soltanto questa, supportata dalla preghiera, può ricondurre l’intelletto dell’uomo e della donna sulla via della scienza, del naturale, del sapere e del bello; è attraverso la bugia che l’industria dell’aborto inganna la donna, ed è attraverso la verità che questa debba poter essere ricondotta al vero. La menzogna induce la donna all’aborto, lasciandola poi sola dinanzi la vorace del malessere; ed è contro questa menzogna che dobbiamo combattere: non contro la persona, ma contro l’ideologia che inganna la persona, sviandola dalla realtà.
Ogni cattolico deve poter integrare il fondamento pro-vita nel proprio apostolato al servizio del Vangelo, poichè la vita è il presupposto dell’essere e senza di essa, nessuno di noi esisterebbe; il Vangelo medesimo esiste poichè Dio è vita, Dio ci ha donato la vita e Dio ha perso la vita per noi. Dio dona una vita per attribuzione ed esige che l’uomo la rispetti, la conservi e ne custodisca la dignità di cui è rivestita. Non può, colui che è vivo, ignorare l’urlo di coloro che vengono uccisi nel grembo; la vita di chi è nel mondo dev’essere anche dedicata a coloro che la vita non l’hanno potuta vivere. Poiché la causa è sacra, non può essere ignorata.