Asia Bibi è una donna cattolica di nazionalità pakistana condannata a morte nel 2010 per una presunta offesa perpetrata ai danni del profeta Maometto. Il 31 ottobre 2018 è stata assolta dalla Corte Suprema del Pakistan dopo otto (8) anni di isolamento forzato in una piccola cella. Otto anni di sofferenze dai quali sono sgorgati semi di amore e frutti di misericordia, conclusi con la liberazione della donna, da una parte, ed il perdono dei suoi nemici, dall’altra. Il cammino esperienziale di Asia Bibi rappresenta Il compendio del Vangelo.
I fatti del 14/06/2009
La vicenda accadde il 14 giugno 2009. Asia Bibi stava lavorando come bracciante agricolo nella raccolta delle bacche quando le venne chiesto di andare a prendere l’acqua. Secondo le donne musulmane, colleghe di lavoro, ella non avrebbe dovuto toccare la bacinella dell’acqua in quanto cristiana. L’acqua sarebbe così stata impura. Da qui nacque un diverbio ove Asia venne accusata di aver insultato verbalmente Maometto, profeta islamico. Asia, a seguito del diverbio, venne presa, portata dentro un interno, torturata, violentata e malmenata. Ed infine, il 19 di giugno, denunciata alle autorità pakistane per presunta blasfemia. In assenza di prove, venne comunque portata nel carcere di Sheikhupura. Asia negò qualsiasi accusa, affermando di non aver mai insultato Maometto.
La condanna e la prigionia
L’11 novembre 2010, dopo aver già scontato un anno di carcere senza colpa alcuna, viene emessa la condanna a morte per blasfemia, escludendo qualsiasi possibilità di innocenza. Asia inizia così a vivere un inferno terrestre pari a 1.800 giorni di carcere, nei quali vengono inflitte pene fisiche e mentali: dalle precarie condizioni igieniche all’isolamento in una piccola cella, dalla persecuzione morale al degrado psicologico. Accuse e persecuzioni continue ed un popolo spaccato in due: chi ne chiede la liberazione e chi l’immediata pena capitale. Nel 2015, dopo cinque anni, la pena di morte viene sospesa.
La richiesta di conversione all’Islam in cambio della liberazione
L’onorevole Naveed Iqbal, così come descritto da Asia in una lettera, entrò un giorno nella cella offrendole la salvezza e la liberazione immediata in cambio della sua conversione all’Islam. Se lei si fosse convertita, sarebbe stata scarcerata nell’immediato. Asia rifiutò, preferendo morire da cristiana piuttosto che uscire dal carcere da islamica, rinnegando la sua fede in Cristo. In una lettera inviata all'”onorevole”, la donna pakistana mise per iscritto la sua ferma intenzione di rimanere fedele a Cristo.
“Mi ha offerto la revoca della sentenza se mi fossi convertita all’islam. Sono stata condannata perché cristiana. Credo in Dio e nel suo grande amore. Se lei mi ha condannata a morte perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificare la mia vita per Lui”.

Fede, digiuno e preghiera
Il 31 ottobre 2018 la Corte Suprema del Pakistan pronuncia la scarcerazione immediata della donna, reputata innocente dopo quasi 9 anni l’accaduto. Viene così considerata priva di alcun reato. Asia Bibi oggi è libera e la sua testimonianza di fede è una luce in un mondo di tenebra. Dapprima vittima della rabbia e della frustrazione, Asia ha messo in pratica quanto insegnato da Cristo nel vangelo: il digiuno a pane ed acqua il mercoledì e il venerdì e la preghiera quotidiana. Con il sacrificio offerto e la preghiera recitata con cuore, Asia ha così ottenuto non tanto la liberazione politica, ma dell’anima: le radici della rabbia sono state sradicate e con esse gli effetti di causa ed effetto dei sentimenti di frustrazione, ripensamento, vendetta e ingiustizia, sentimenti che causano il devasto graduale dell’anima e la sua successiva e completa disperazione. Con digiuno e preghiera Asia ha ottenuto lo spirito di Dio: pace, perdono, serenità. Ha così vissuto una piena trasformazione nella gloria di Cristo, ritrovando pace nell’anima. Oggi, scarcerata, attende di poter lasciare il paese.
“In primo luogo vivevo frustrazione, rabbia, aggressività. Poi, grazie alla fede, dopo aver digiunato e pregato, le cose sono cambiate in me: ho già perdonato chi mi ha accusato di blasfemia. Questo è un capitolo della mia vita che voglio dimenticare.”